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Ducati history, dalla nascita ai giorni nostri

Ducati history, dalla nascita ai giorni nostri La Ducati non è solo una casa motociclistica: la Ducati è una fede. Si tratta di un sentimento che, quando ti prende, non ti lascia più. Uno status del genere non viene acquisito in un giorno, ma con una storia fatta di passione, competenza e soprattutto tante e bellissime moto. Una storia che merita di essere raccontata, dai primi anni fino all’epoca recente.

L'azienda nacque nel 1926 per volontà dell'ingegnere Antonio Cavalieri Ducati (Comacchio 2 aprile 1853 - Bologna 27 giugno 1927) con il nome di Società Scientifica Radio Brevetti Ducati, specializzata nella ricerca e produzione di tecnologie per le comunicazioni radio. Lo scopo era di sfruttare industrialmente i brevetti del figlio Adriano, pioniere delle trasmissioni radiofoniche. Ben presto, grazie ai figli di Antonio Ducati (morto solo un anno dopo la fondazione), l'azienda cominciò ad affermarsi, per poi spaziare in svariati campi industriali. I figli Adriano, Bruno e Marcello Cavalieri Ducati iniziarono la loro attività con la produzione di un condensatore denominato "Manens", nello scantinato di un edificio situato nel centro di Bologna in Via Collegio di Spagna. Tra il 1930 e il 1934 la produzione venne ampliata e spostata presso la villa di proprietà della famiglia Ducati, in Via Guidotti.

Primi anni di storia

Nel 1935 venne realizzato lo stabilimento dove hanno attualmente sede la Ducati Motor Holding Spa e la Ducati Energia Spa. La produzione venne ampliata con la realizzazione delle prime apparecchiature radiofoniche, antenne radio, i primi sistemi di comunicazione interfonica (denominati "Dufono"), proiettori cinematografici, addizionatrici (Duconta) e rasoi elettrici (Raselet). Durante il secondo conflitto mondiale, la Ducati fu obbligata, come tante altre aziende italiane, a convertire la sofisticata produzione da uso civile a uso militare. In seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943, la fabbrica fu occupata dalle truppe tedesche; successivamente venne bombardata e distrutta il 12 ottobre 1944. La svolta arrivò nel secondo Dopoguerra, quando ci fu l’esigenza di realizzare una nuova produzione da affiancare alle precedenti realizzazioni. Fu così che, su richiesta dell'IRI, nel 1946 nacque il reparto motociclistico come branca dell'azienda allo scopo di produrre su licenza il “Cucciolo”. Si tratta di un motore monocilindrico di 48 cc, con cambio a due velocità da applicare come propulsore ausiliario ad una normale bicicletta.

Anni '50 - '60

Nel 1948 i fratelli Ducati cedettero la proprietà dell'azienda alle partecipazioni statali. Adriano emigrò negli Stati Uniti dove entrò nella Plamadyne e diede importanti contributi allo sviluppo di motori al plasma per la NASA. Nel 1954 avvenne la scissione dell'azienda in Ducati Meccanica e Ducati Elettrotecnica: la Ducati Meccanica seguì la realizzazione di motoveicoli, mentre la Ducati Elettrotecnica continuò la strada inizialmente percorsa dalla famiglia Ducati. Sempre nel 1954 venne assunto in Ducati Meccanica Fabio Taglioni, il geniale progettista romagnolo che sviluppò per Ducati, tra il 1954 e il 1984, oltre mille progetti di moto e motori, ma soprattutto le tecnologie a tutt'oggi utilizzate, il sistema desmodromico, il motore bicilindrico e il telaio a traliccio. Durante questo periodo la casa produsse 2 scooter, il Cruiser e il Brio, rispettivamente nel 1952 e 1963.

Anni '70 - '80

A partire dal 1975 la Ducati passò sotto il controllo dello Stato italiano tramite l'EFIM, che cedette l'azienda nel 1978 alla VM Motori (anch'essa sotto controllo statale, facendo all'epoca parte della galassia Finmeccanica), che si occupava soprattutto di motori diesel industriali e automobilistici. Questo passaggio, unito alle difficoltà sul mercato (specialmente quello statunitense) patite dalla casa per mano delle rivali giapponesi, portò l'azienda a concentrarsi sulla produzione di motori diesel per conto della controllante e a togliere le moto dalla lista delle priorità. Risultati di questi fattori furono il tracollo delle vendite, passate da 7000 moto vendute nel 1981 a meno di 2000 nel 1984. Nel frattempo, nei primi anni Ottanta, la varesina Cagiva aveva stretto con la casa bolognese un accordo di fornitura dei motori “Pantah” per poter creare le proprie moto di grossa cilindrata.

Col tempo i rapporti si strinsero e nel 1985 i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni acquistarono la Ducati dalla VM Motori, con l'idea di spostare la produzione delle moto a Varese, per lasciare a Borgo Panigale l'assemblaggio dei motori "Pantah".

Anni '90

L'azienda varesina mantenne il controllo fino al 1996, anno in cui il Texas Pacific Group acquistò il 51% delle azioni, e questo decennio fu caratterizzato da forti investimenti nelle competizioni, coi successi nelle gare Superbike a trainare le vendite dell'azienda. Il Texas Pacific Group acquistò il rimanente 49% della Ducati nel 1998; l'anno successivo l'azienda mutò denominazione in Ducati Motor Holding SpA e il fondo texano collocò sul mercato oltre il 65% delle azioni possedute. Nello stesso anno fu organizzata la prima edizione del World Ducati Week (WDW): la settimana dedicata ai tifosi Ducatisti. In quell'occasione fu inaugurato il nuovo Museo Ducati, che raccoglie i veicoli da competizione dal Cucciolo fino alle moderne Desmosedici.

Dal 2000 a oggi

Nel 2006 il marchio Ducati è ritornato in mani italiane con l'acquisto da parte di Investindustrial Holdings, la finanziaria di Andrea Bonomi, di una quota consistente del capitale sociale. Altra data importante è il 18 aprile 2012, quando viene annunciata l'acquisizione di Ducati Motor Holding SpA da parte della Lamborghini Automobili S.p.A.: il gruppo Investindustrial emette un comunicato stampa che informa di aver raggiunto un accordo per la vendita della propria quota. A operazioni ultimate, la Ducati entrò quindi a far parte del gruppo automobilistico Audi. A seguito della stessa operazione, la casa di elaborazione AMG (del gruppo Mercedes Benz), con cui Ducati aveva sviluppato una collaborazione da cui erano nati un modello esclusivo, la Ducati Diavel AMG, e una serie di altri prodotti commerciali, scioglie formalmente l'alleanza per "acquisto della compagnia da parte di un produttore rivale". Tutti i prodotti con il logo Ducati-AMG escono quindi di produzione. Una storia quindi fatta di varie fasi, con momenti positivi e altri difficili, ma con un filo rosso che ha unito tutte le epoche. Un filo rosso come il colore della Ducati che, come accennato in precedenza, non è solo un marchio più o meno gradito ma è una vera e propria fede con coloro che si approcciano a esso e se ne innamorano. E noi di Vulturbike, ne siamo follemente innamorati!

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